“È ben noto che la dimensione del settore pubblico negli Stati Uniti è ridotta. La spesa pubblica nel 2017 toccava il 38,1% del Pil, contro il 47,2% nella zona euro, un livello che raggiunge il 49,1% in Italia (fonte: Commissione europea). Tuttavia, pur avendo un perimetro più ridotto del suo omologo europeo, il governo americano è molto più proattivo. (…) La politica fiscale negli Stati Uniti è stata in media più espansiva che non nei paesi europei (con l’eccezione del Regno Unito), e questo nonostante questi ultimi abbiano avuto, nell’insieme del periodo dal 1999 al 2007, tassi di crescita meno elevati. Ma quello che è interessante è che gli Stati Uniti hanno mostrato un attivismo fiscale significativamente più marcato rispetto a quello dei principali paesi dell’Uem (la Germania costituisce un’eccezione interessante). Lo scarto quadratico medio, che misura la variabilità dell’impulso fiscale, è più elevato per gli Stati Uniti (e più ancora per il Regno Unito e per il Giappone) che per Germania, Francia, Italia e Spagna. Ciò significa che, se in media le politiche sono state piuttosto simili, negli Stati Uniti la leva fiscale è stata utilizzata molto di più, con deficit molto elevati in periodi di crisi, che venivano poi ridotti drasticamente durante le fasi di espansione. Il governo degli Stati Uniti è stato quindi (ed è ancora) più attivo dei governi della zona euro. E questo nonostante si siano alternati al potere presidenti democratici e repubblicani. Ma possiamo per questo concludere che è stato keynesiano, nel senso che questo attivismo è stato necessario per compensare le fluttuazioni della spesa nel settore privato? La risposta è sì. Nel corso delle crisi recente i piani di rilancio 2009- 2010 hanno lasciato il campo a politiche di consolidamento fiscale a partire dal 2011, negli Stati Uniti così come nella zona euro. Ciononostante, il governo americano ha ridotto la spesa pubblica solo quando il settore privato era pronto a prendere il testimone e a ricominciare a spendere (il che rappresenta la definizione stessa di una politica fiscale anticiclica).”
Da Francesco Saraceno, La Scienza inutile, 2018, Luiss University Press