Il sociologo Pino Arlacchi ha pubblicato recentemente I padroni della finanza mondiale (chiarelettere), un’analisi molto critica delle strutture e delle dinamiche del capitalismo finanziario, con una particolare attenzione rivolta agli impatti riscontrati in Europa negli ultimi anni. Nel capitolo introduttivo, ricorda di avere seguito le orme di Braudel e, soprattutto, di Giovanni Arrighi, scomparso nel 2009. La figura di Arrighi è una tra le più interessanti nel panorama degli economisti eterodossi che hanno analizzato i trend macroeconomici utilizzando criteri multidisciplinari, nel suo caso ricorrendo all’analisi storica e all’antropologia sociale. Arrighi adottò questa metodologia durante l’esperienza in Rhodesia negli anni ’60, quando svolse ricerche sul campo sulle modalità di sviluppo del capitalismo locale (Arrighi lo racconta in un’intervista con David Harvey pubblicata in Capitalismo e (dis)ordine mondiale, di manifestolibri, curato da Cesarale e Pianta). Dopo il trasferimento negli Stati Uniti, aderì e contribuì quindi a consolidare il cosiddetto “approccio sistemico”, insieme a Andre Gunder Frank, Immanuel Wallerstein e Terence Hopkins, arrivando infine a completare una teoria sullo sviluppo del capitalismo legata alla teoria dei cicli dello storico Fernand Braudel. Nel suo Il lungo XX secolo, Arrighi evidenzia infatti come il capitalismo non inizi con la rivoluzione industriale nel diciottesimo secolo ma molto prima, alla fine del Medioevo, e che la sua storia è caratterizzata da cicli egemonici che vedono prima una fase di espansione materiale la quale, una volta esauritasi a causa della crescita dei salari e della concorrenza intercapitalistica, lascia il posto alla fase di espansione finanziaria: questa annuncia però la chiusura del vecchio ciclo per lasciare il passo al nuovo, governato da una altrettanto nuova potenza egemone. Arrighi individua così quattro cicli egemonici: 1) il ciclo genovese – iberico, dal quindicesimo secolo agli inizi del diciassettesimo; 2) il ciclo olandese, dalla fine del sedicesimo secolo alla metà del diciottesimo, 3) il ciclo britannico, dalla seconda metà del diciottesimo secolo fino agli inizi del ventesimo 4) il ciclo statunitense, dalla fine del diciannovesimo secolo fino a oggi. Il lungo XX secolo è del 1996 e Arrighi non esplicita chi sarà il nuovo egemone, ma un anno prima di morire pubblicherà il suo ultimo libro, Adam Smith a Pechino, secondo il quale il partito comunista cinese, rigettando il “Washington Consensus”, ha sapientemente combinato meccanismi concorrenziali e governance centralizzata, aprendo forse la strada alla predizione di Adam Smith: un riequilibrio dei rapporti di forza tra l’Occidente e il resto del mondo, e la nascita di un commonwealth delle diverse culture.